La basilica di Sant’Eustorgio sorse all’esterno del circuito murario cittadino, lungo la via per Ticinum (Pavia) in un’area caratterizzata da necropoli pagane poi cristianizzate, ma anche da prestigiose residenze suburbane. La maggior parte degli studiosi attribuisce la fondazione della chiesa, seguendo i cataloghi episcopali milanesi (IX-XI secolo), ad Eustorgio I, vescovo di origine orientale attivo a Milano tra il 345 e il 348 d.C.: qui egli avrebbe trovato sepoltura nel monumentale sarcofago tradizionalmente associato ai Magi. Altri ritengono preferibile una collocazione dell’edificio nel V secolo d.C. o all’epoca di Eustorgio II (512-518 d.C.). Allo stato attuale delle conoscenze, tuttavia, non possiamo datare con precisione l’impianto, né stabilire con sicurezza il rapporto con la sepoltura di Eustorgio. Di certo a partire dal V secolo d.C., accanto al culto di Ambrogio e di Dionigi, si sviluppò fortemente anche il culto per questo vescovo, detto confessor perché aveva sostenuto la fede cattolica nei due concili antiariani tenutisi a Milano negli anni 345-346 e 347-348 d.C.
Le fonti storiche ricordano per la prima volta la chiesa solo nell’inoltrato VII – inizio VIII secolo nell’Itinerarium Salisburgense, una sorta di guida per chi intendesse visitare le chiese milanesi che ospitavano i corpi dei martiri. Il monumento venne successivamente segnalato anche nel Versum de Mediolano civitate del 739 d.C., un componimento che esaltava le bellezze e l’importanza della città. Gli interventi ottocenteschi e le indagini più approfondite condotte tra il 1959 e il 1966, infatti, hanno rilevato l’esistenza di un edificio più antico, la cui abside, unica testimonianza paleocristiana giunta fino a noi, è conservata per lo più a livello di fondazione sotto il coro dell’attuale basilica ed è tutt’ora visibile. Tale struttura, in ciottoli e mattoni, risulta addossata ad un muro rettilineo più antico, scandito esternamente da lesene che dovevano disegnare una serie di arcature cieche. è impossibile precisare planimetria e funzione dell’edificio a cui apparteneva il muro in questione: un sacello funerario quadrangolare? Una recinzione di un’area sepolcrale? Un’aula di culto? Qualunque fosse il suo sviluppo planimetrico, secondo gli archeologi doveva già esistere nella seconda metà del IV secolo d.C.
Per quanto riguarda l’abside, essa potrebbe essere associata ad una ristrutturazione significativa del primitivo impianto, databile non oltre il VI secolo d.C.
A queste poche testimonianze antiche, si aggiunge una porzione di alzato murario, inglobato nella struttura dell’abside della chiesa romanica, caratterizzato dalla presenza di filari di frammenti laterizi disposti a spina di pesce e altro materiale eterogeneo e per questo giudicato di epoca altomedievale. Infatti è fortemente probabile che la basilica sia stata restaurata in questo momento, in associazione alla crescita del culto del santo, documentata nel VII-VIII secolo dalle fonti letterarie. Per il resto le strutture della grande chiesa romanica, conclusa nell’XI secolo, e le successive modifiche che hanno portato l’edificio ad essere così come lo vediamo oggi, hanno quasi cancellato del la memoria delle sue origini.
Infine merita un accenno il cosiddetto sarcofago dei Magi, in cui secondo la tradizione furono deposti i resti dei tre re partiti per adorare Gesù Bambino. Da tempo immemorabile addossato al muro di una cappella del transetto meridionale (e quindi solo parzialmente visibile), il manufatto, per quanto rimaneggiato, viene datato all’età romana medio e tardo imperiale (III, o al più tardi, inizio IV secolo d.C.).
Decorato con semplici specchiature esso è ricavato da un unico enorme blocco di marmo proconnesio; il dato impressionante è costituito dalla sua dimensione eccezionale (2 x 3,70 x 2 metri di altezza, coperchio escluso), che sembra non avere confronti in Italia, ma richiamare prototipi microasiatici.
Prima di ricondurre questa arca ai Magi, una tradizione consolidata tra X e XI secolo la riteneva il sepolcro di Eustorgio I: l’imperatore Costante I l’avrebbe fatta eseguire per sé, ma non riuscendo a trasportarla, l’avrebbe donata al vescovo, al quale, grazie all’aiuto del Divino, sarebbe bastato per spostarla un piccolo carretto trainato da poche vacche. Dopo la presa di Milano da parte del Barbarossa nel 1162, il sarcofago fu aperto per recuperare le presunte reliquie dei re Magi, trafugate in Germania a Colonia e restituite nel 1904. Si sviluppò così la leggenda che tali reliquie, scoperte da Elena (madre dell’imperatore Costantino) durante i suoi pellegrinaggi in Terra Santa, sarebbero state trasferite da Costantinopoli a Milano proprio con l’arca che le conteneva.