La basilica di San Simpliciano

La basilica di San Simpliciano si trovava lungo la strada che collegava Milano a Como (attuale corso Garibaldi) e, attraverso il Passo dello Spluga, alla Renania.

Secondo Benzone di Alessandria, che nel XIII secolo scrisse un opuscolo dedicato alla città di Milano, la fondazione della basilica si deve a Sant’Ambrogio. Egli l’avrebbe dedicata a Maria e alle sante Vergini (basilica Virginum), forse per riaffermare il dogma della verginità della Madonna, messa in discussione da un’eresia e ribadita in un sinodo indetto da Ambrogio stesso nel 393 d.C.

Per alcuni studiosi tuttavia la costruzione sarebbe stata iniziata da Ambrogio, ma portata a termine solo dal suo successore, il vescovo Simpliciano, al quale venne poi intitolata in epoca longobarda. Simpliciano vi avrebbe inoltre deposto le reliquie di tre predicatori cristiani, Martirio, Sisinnio e Alessandro, inviati in Val di Non da Sant’Ambrogio per annunciare Cristo e lì martirizzati. Nel 1582 san Carlo Borromeo ne rinvenne i resti, insieme a quelli di San Simpliciano, sotto l’altare.

I rifacimenti architettonici che interessarono la basilica tra XI e XII secolo nascosero per diversi secoli la sua antica origine. Fu Edoardo Arslan a svelare nel 1944 che la chiesa romanica conservava in realtà le murature paleocristiane per un’altezza di 22 metri. I restauri misero in luce i grandi finestroni originali che si aprivano nelle pareti e che erano stati tamponati in epoche più recenti. Si constatò che l’edificio paleocristiano subì il primo radicale mutamento all’inizio del VII secolo d.C.

La primitiva basilica aveva pianta a croce latina e navata unica (56,70 x 21,70 metri) chiusa da un’abside. La copertura era lignea e il pavimento decorato in opus sectile. Le murature, ancora visibili, sono costruite a file di mattoni disposti orizzontalmente alternate a fasce con laterizi più piccoli disposti a spina pesce. Le pareti esterne della navata presentano due ordini di arcate cieche entro le quali erano state ricavate delle grandi finestre, ancora riconoscibili; le arcate del transetto sono invece ad un solo ordine e dotate di due finestre sovrapposte.

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Le testimonianze

  • Il sacello di V secolo

In un momento successivo all’edificazione della basilica, ma entro il V secolo d.C., venne annesso anche un sacello a nord dell’abside, dove oggi si trova la sacrestia. La datazione si basa sul modo di costruzione della volta a botte, che impiega anfore intere immerse nella malta a sostenere la struttura del tetto, tecnica caratteristica di altri sacelli come quelli di Sant’Ippolito e Sant’Aquilino, annessi alla basilica di San Lorenzo. Non è chiaro se la struttura fosse collegata fisicamente al resto della basilica oppure se fosse separata e unita al corpo della basilica solo in epoca medievale. Il sacello, le cui murature originarie sono ancora visibili all’esterno, è stato interpretato come luogo per la devozione delle reliquie dei santi (cella memoriae o martyrium) oppure cappella funeraria destinata a sepolture privilegiate.

Suggerimenti Bibliografici

La basilica di San Simpliciano

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