L’area del suburbio occidentale di Mediolanum era organizzata in due significativi nuclei sepolcrali: nelle immediate prossimità delle mura vi era il cimitero ad martyres, e più a ovest, lungo l’attuale via San Vittore, prospettava fin dal I secolo d.C. una seconda vasta necropoli. Qui venne eretto, in epoca tardoantica, un imponente recinto con pianta a ottagono schiacciato. Tale struttura incluse nel suo perimetro parte del preesistente cimitero e un sontuoso mausoleo imperiale, divenendo così un luogo di sepoltura privilegiato. L’area fu parzialmente scavata da Aristide Calderini nel 1950-53 e da Mario Mirabella Roberti tra il 1960 e il 1977, quando furono riportate alla luce la struttura fortificata, un quarto del mausoleo e circa 90 sepolture a inumazione di alto livello, nella maggior parte cristiane.
Il recinto ottagonale, lungo internamente 132 e largo 100 metri, aveva lati lunghi 42/44 metri ed era dotato di torri semicircolari ai vertici. L’alzato, con paramenti laterizi e nucleo di mattoni e ciottoli alternati a strati, era sorretto da fondazioni in conglomerato di malta e ciottoli. Il tratto di muro nordoccidentale, l’unico conservato in elevato, presentava all’interno nicchie affiancate da semicolonne. L’ingresso monumentale era collocato a sud-est e fiancheggiato da due torri.
Il recinto, verosimilmente posteriore ad alcune sepolture di IV secolo d.C. (e al mausoleo, come vedremo), dovette avere lunga vita: in una pianta del 1814, infatti, tre dei suoi lati costituivano ancora confini di proprietà. All’interno, posizionato in uno dei due fuochi del poligono era collocato il mausoleo imperiale. Trasformato in cappella di San Gregorio nel IX-X secolo e annesso alla chiesa di San Vittore al Corpo, esso fu abbattuto in occasione della ricostruzione tardo-cinquecentesca della fabbrica cristiana. Esso si presentava come un ottagono (lato di 7,5 metri) caratterizzato, all’esterno sugli angoli da lesene a libro e all’interno da otto nicchie rettangolari e semicircolari alternate e divise da colonne. Informazioni sull’alzato sono desumibili solo da una veduta di un disegnatore olandese di poco precedente alla demolizione (1570), in cui il mausoleo è rappresentato ancora nella sua posizione presso la chiesa romanica di San Vittore al Corpo. Nel rilievo, inoltre, si nota l’indicazione di un secondo ordine con arcate cieche: questo dato suggerirebbe la presenza all’interno di gallerie superiori, di cui rende testimonianza anche lo scrittore milanese Giacomo Filippo Besta nel XVI secolo.
Infine, dell’originario e sontuoso apparato decorativo che caratterizzava l’interno del monumento restano pochissime tracce. I pavimenti erano coperti da opus sectile (lastrine di marmo) e la parte inferiore delle pareti doveva essere rivestita da uno zoccolo in marmo grigio (di cui sono visibili ancora alcuni resti) probabilmente sormontato da tarsie marmoree e vitree, intonaci dipinti, stucchi e mosaici.
Purtroppo non si conosce il nome del committente di questa preziosa architettura antica: databile alla fine del IV secolo d.C., essa probabilmente accolse le tombe della famiglia dei Valentiniani, da Graziano a Valentiniano II (morto prematuramente in Gallia nel 392 d.C., trasportato a Milano e sepolto in un sarcofago di porfido. Rimane inoltre solamente ipotetica l’idea che il mausoleo fosse connesso ad una basilica. Recenti studi hanno interpretato l’intero complesso in una nuova prospettiva, ipotizzando la presenza in quest’area della basilica Portiana (antesignana della San Vittore al Corpo), menzionata per la prima volta da Ambrogio in una lettera alla sorella Marcellina. Nella necropoli cristianizzata sarebbe sorto quindi un complesso funerario composto da basilica e mausoleo, secondo uno schema già noto a Roma; a ciò sarebbero seguite la riorganizzazione del più antico sepolcreto, la costruzione del recinto ottagonale e l’ulteriore utilizzazione dell’area interna come necropoli.