Gli horrea

Con la parola horreum (o al plurale horrea) i Romani erano soliti definire i depositi pubblici in cui diverse merci venivano immagazzinate prima di essere distribuite alla popolazione. Inizialmente il termine, che richiamava il vocabolo “hordeum” (orzo), doveva indicare la vocazione primaria di questi edifici, vale a dire lo stoccaggio delle granaglie. La nozione di horrea publica (depositi di derrate alimentari) nacque, tuttavia, solamente con l’istituzione delle distribuzioni frumentarie gratuite ad opera del tribuno della plebe Caio Sempronio Gracco, nell’ultimo quarto del II secolo a.C. Dal punto di vista architettonico, gli horrea erano edifici caratterizzati da una serie di cellae dove venivano stipati i diversi tipi di alimenti e dove alloggiavano gli schiavi incaricati della manutenzione e della custodia degli stessi magazzini. Essi inoltre erano dotati spesso di uno o più cortili con diversi accessi e di pozzi per l’approvvigionamento delle acque. Grazie agli scavi archeologici, sappiamo inoltre che queste fabbriche erano presenti in età imperiale anche negli accampamenti, nei fortini delle province occidentali e soprattutto in prossimità delle frontiere dell’impero, nella Britannia e nella Germania. In questo caso gli horrea, detti militaria, erano il più delle volte installazioni molto semplici e senza pretesa di monumentalità: capannoni di forma allungata e con pavimento rialzato, costruiti con pareti dotate di contrafforti laterali per contenere le spinte delle granaglie stivate e tetto a doppio spiovente. Essi erano riforniti soprattutto dall’annona militaris, la tassa imposta alle province per il mantenimento dell’esercito.

Le testimonianze

  • Via dei Bossi 4
  • Via dei piatti 11

In età tardoantica Mediolanum possedeva senza dubbio un grande horreum, costruito non lontano dalla cerchia muraria circondata dal fossato che facilitava gli approvvigionamenti di merci. Sorto presso l’asse stradale diretto verso l’antica Novum Comum (Como), il magazzino, secondo gli studiosi, aveva lo scopo principale di sostentare le truppe stanziate presso la città per la difesa dei confini dell’impero.

Le imponenti murature, messe in luce durante gli scavi del 1958 e del 1964-65, raccontano di un vasto edificio rettangolare, di cui restavano tratti dei muri perimetrali. Questa struttura, larga 18 metri e lunga 68, era suddivisa internamente in quattro navate da tre file di sedici pilastri, di cui quelli centrali di dimensioni maggiori; le facciate interne erano ritmate a distanza regolare dalla presenza di semipilastri (paraste) in laterizi. A nord una muratura delimitava probabilmente uno spazio aperto collegato ad un secondo magazzino (posto ad occidente), come documentato in analoghi monumenti anche a Treviri e ad Aquileia.

Dal punto di vista della tecnica edilizia, ancora oggi si possono apprezzare le fondazioni murarie realizzate in strati di ciottoli e malta, su cui sorgevano le pareti rivestite in mattoni e probabilmente decorate all’esterno da arcate cieche che inquadravano le finestre.

Accanto alle strutture riconducibili all’horreum, nell’area archeologica di via dei Bossi sono conservate altre murature in ciottoli di età medievale: esse forse formavano un unico grande complesso con la ghiacciaia in laterizi musealizzata nella stessa area archeologica.

Sito accessibile su richiesta

Anche le strutture, messe in luce durante lavori edilizi degli anni Sessanta e conservate nei garage dello stabile di via dei Piatti 11, vennero interpretate dagli archeologi come resti di un horreum.

In particolare, tra il 1961 e il 1962, furono rinvenuti due tronconi murari appartenuti a una stessa fabbrica lunga almeno 30 metri: le fondazioni erano costituite da una gettata di ciottoli legati da malta, mentre l’alzato, con un nucleo in conglomerato, presentava un paramento in filari di ciottoli e corsi di laterizi passanti. Proprio per lo sviluppo lineare delle murature scavate e per il loro imponente spessore, venne subito ipotizzato che dovessero far parte di un complesso pubblico articolato, un horreum appunto, il cui limite meridionale doveva forse corrispondere all’attuale via Olmetto. Quanto alla datazione, questa fabbrica doveva essere ben più antica di quella di via dei Bossi e riconducibile all’età flavia sulla base della tecnica edilizia e della cronologia offerta dai reperti. La valenza pubblica della sua destinazione sarebbe rafforzata dal recupero nell’area di una scultura decorativa in bronzo, con la rappresentazione di Virtus/Roma, trovata sotto il crollo dei muri circostanti: potrebbe essere ricondotta alla decorazione di un carro facente parte di un gruppo scultoreo.

Parallelo a uno dei muri di via dei Piatti 11, infine, è un selciato stradale, oggi non visitabile per questioni di sicurezza: esso è costituito da un’ottantina di basoli in pietra calcarea, probabilmente di Saltrio, di varia dimensione e forma disposti in filari orizzontali.

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Suggerimenti Bibliografici

Visite virtuali

Via dei Bossi 4

Videoclip

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