La decorazione parietale delle domus

Al pari dei rivestimenti pavimentali, in generale meglio conservati, un ruolo importante nell’organizzazione degli spazi all’interno degli edifici privati milanesi (domus), doveva svolgere la decorazione parietale affrescata, le cui testimonianze ci sono tuttavia pervenute in stato per lo più lacunoso e difficilmente ricontestualizzabile, a causa dell’estrema rarità dei rinvenimenti in crollo primario. Ciononostante, la quantità e la qualità dei ritrovamenti pittorici, consentono oggi di delineare i caratteri evolutivi della decorazione parietale milanese, in rapporto sia con i modelli e gli stili centroitalici in voga tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. (I-IV stile pompeiani) sia, nella media e nella tarda età imperiale (II-IV secolo d.C.), con i centri dell’Italia settentrionale e delle Province dell’Impero.

Per la tarda età repubblicana e la primissima età imperiale, le testimonianze appaiono ancora piuttosto selezionate. Echi del lusso e della raffinatezza degli arredi delle dimore signorili milanesi della seconda metà del I secolo a.C., poste all’interno della cerchia muraria e nell’immediato suburbio, rimangono nei frammenti pittorici di tardo II stile rinvenuti in edifici nell’area dell’Università Cattolica, nelle prestigiose domus di via Gorani – non lontano dal foro – e da un quartiere residenziale ai limiti orientali della città, in piazza Fontana, che hanno restituito resti di decorazioni (fregi, elementi architettonici e quadri di genere) di alto livello e riflettono, anche nell’organizzazione degli schemi parietali, la piena adesione ai contemporanei modelli della capitale. In tutte queste pitture, si nota un’elevata qualità tecnica e formale, con largo impiego di colori preziosi e costosi, come il rosso cinabro (minium) e l’azzurro (caeruleum Aegypti), applicati su strati sovrapposti di intonaco (max. 4/5) in cui la malta è spesso arricchita da calcite e marmo triturato, secondo quanto raccomanda Vitruvio (De Architectura). La ricercatezza delle pitture di questa fase riflette inoltre il livello sociale della committenza, culturalmente elevata e in grado di richiamare artigiani, forse non locali, e di sostenerne finanziariamente i costi.

In età giulio-claudia, si coglie un forte incremento nell’edilizia privata cittadina, urbana e suburbana, di cui rimangono tracce anche nell’abbondanza e nella varietà della documentazione pittorica e in stucco di III e IV stile. Questo ha consentito di approfondire anche gli aspetti inerenti le tecniche costruttive locali, in cui si mantiene viva la tradizione celtica nel frequente impiego della terra nelle strutture murarie e negli strati isolanti delle preparazioni degli intonaci.  Accanto a raffinati nuclei pittorici rinvenuti in alcuni edifici in via S. Maria alla Porta, nei pressi del Teatro, con architetture miniaturistiche e delicati tralci floreali in III stile maturo, una domus signorile lungo il cardo, in via Tommaso Grossi, ha restituito ampi lacerti della decorazione affrescata su muri di terra del triclinio in IV stile iniziale, pavimentato in lastrine di marmo colorato (opus sectile), con pareti e soffitto a fondo unitario nero su cui si stagliano un elemento architettonico con πιναξ e timpano a conchiglia e un tralcio rigido vegetale di rara fattura. Per quanto concerne le dimore suburbane, spesso con un settore residenziale (pars urbana) collegato a un settore produttivo (pars rustica), queste sembrano disporsi a raggiera nei settori di immediatamente esterni alla cerchia muraria e denotano in generale un buon livello negli arredi decorativi. Un esempio particolarmente significativo viene dalla domus signorile di via C. Correnti, lungo una delle principali arterie stradali in comunicazione verso sud con Habiate, con ambienti di soggiorno affacciati su un cortile centrale dotato di una profonda vasca idraulica per la raccolta dell’acqua. I resti della decorazione parietale del triclinio, provenienti in gran parte dal riempimento della cisterna, hanno restituito parte del soffitto piano a bande concentriche, con tondo centrale e medaglioni angolari e decorazioni parietali che trovano puntuali confronti nelle pitture campane di IV stile di epoca neroniano-flavia. A una fase posteriore di questa stessa domus, appartiene una serie di lacerti di pannelli e zoccolature imitanti le venature di marmi pregiati, molto in voga a partire dal II secolo d.C.

La predilezione nella decorazione domestica della Milano del I secolo d.C. per gli ambienti interamente involucrati nei colori rosso o nero – colore che si addice particolarmente ai triclini invernali e ai cubicula – con evidenti richiami alla c.d. “pittura di giardino” in cui si mescolano motivi tipici del repertorio dionisiaco (edicole “fronzute”, situlae, crateri, anatre natanti, capre, pavoni, menadi in volo….) trova riscontro anche nei citati edifici di Piazza Fontana e nell’elegante triclinio estivo a mosaico (con emblema di Dioniso) e pareti a sfondo rosso della ricca domus suburbana di età flavia di via Illica, nel settore nord-occidentale della città. Questo particolare favore per la natura lussureggiante “popolata” di oggetti e animali, è forse spiegabile con la reale presenza di pergole, giardini, viridaria, fontane e corsi d’ acqua. Un quadretto con uccellino dalla resa naturalistica, è infine quanto ci resta degli affreschi, databili sullo scorcio del I secolo d.C., di un edificio suburbano nei pressi della strada per Roma (piazza S. Nazaro).

Le testimonianze più tarde (II-III secolo d.C.), troppo frammentarie per esprimere giudizi stilistici d’insieme, denotano un progressivo “impoverimento” nelle tecniche e nei modelli spiegabile forse con il crescente impiego del marmo negli apprestamenti parietali che viene ora molto imitato anche nella pittura, in particolare nelle zoccolature degli ambienti.

I dati più interessanti provengono dal settore sud-occidentale della città, a chiara vocazione residenziale, le cui domus (Monastero Maggiore, via Circo, via Cappuccio, via C. Correnti) nel corso della loro vita hanno subito diversi rimaneggiamenti, di cui resta traccia negli strati di distruzione. Da quanto emerge dai resti pittorici frammentari, la decorazione parietale sembra ora prediligere schemi più semplici e lineari, a pannelli in sequenza paratattica, separati da lesene vegetali o da “candelabri”, con sfondi molto spesso bianchi arricchiti da pochi colori di base (rosso, verde, giallo, nero). Molto apprezzati in questo periodo – soprattutto nei soffitti e nei vani di passaggio – anche gli schemi cosiddetti “a reticolo”, che consentono la ripetizione modulare di uno stesso motivo decorativo, in genere geometrico, con effetto simile alla carta da parati. Questi sistemi permettevano inoltre di indicizzare facilmente, insieme alla decorazione pavimentale, l’articolazione degli spazi interni delle residenze tardoantiche.



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