Le domus

Case di età romana (domus) sono documentate a Milano a partire dalla seconda metà del I secolo a.C. fino al V-VI secolo d.C. Sono testimoniate anche abitazioni più antiche (II-I secolo a.C.), di cui però rimangono solo poche tracce, poiché realizzate prevalentemente con materiali deperibili.

A Mediolanum delle domus rimangono per lo più lacerti di ambienti dai quali risulta impossibile ricostruire lo sviluppo planimetrico complessivo delle abitazioni. Dalle tracce raccolte si possono in ogni caso fissare alcuni punti certi. Le domus erano fornite di un atrio, dotato al centro di una vasca e/o di un pozzo per la raccolta dell’acqua piovana. Diverse sono inoltre le testimonianze di vani riscaldati; per riscaldare un ambiente era necessario un forno, dotato di una camera di combustione dove veniva acceso il fuoco, in comunicazione col praefurnium, un canale che convogliava il calore al di sotto del pavimento dell’ambiente da riscaldare (sistema “ad ipocausto”). Il pavimento era tenuto sollevato da terra da una serie di pilastrini in laterizi, quadrati o circolari (pilae). L’aria calda poteva essere convogliata anche nell’alzato attraverso un’intercapedine tra parete e muro, in cui venivano inseriti dei tubuli. Uno di questi sistemi è per esempio visibile nella domus di via Broletto.

I muri erano costruiti con filari alternati di ciottoli di fiume e laterizi legati da malta, oppure secondo la tecnica “a sacco”: il nucleo interno in conglomerato di ciottoli e malta era rivestito da un paramento esterno a filari di laterizi e/o ciottoli. A Milano in età augustea è documentata una particolare tecnica per realizzare le fondazioni, con un sistema di bonifica detto “trincea a strati”, formato appunto da strati pressati ed alternati di limo, ghiaia con frammenti di intonaco, malta e frammenti laterizi, allo scopo di consolidare e deumidificare il terreno.

Le case erano, infine, impreziosite da affreschi e mosaici pavimentali, eseguiti secondo diverse tecniche. Naturalmente faceva parte dell’arredo anche una serie di oggetti mobili, come tavolini, lampade, mobili, stoffe, o ancora sculture, oscilla (dischi o placche rettangolari decorati a rilievo) e labra (bacini per l’acqua).

Le domus meglio conservate sono state valorizzate in posto (corso Magenta, via Morigi, via Amedei, piazza del Duomo sotto il Museo del Novecento, via Broletto) o i loro resti musealizzati al Civico Museo Archeologico (via Circo, piazza Missori, via Calderon de la Barca, via Gorani) e all’Antiquarium “Alda Levi” (via Cesare Correnti).

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Le testimonianze

  • Via Broletto 7
  • Corso Magenta 15
  • Via Morigi 2A
  • Via Amedei 4-6
  • Piazza del Duomo

Tra il 2002 e il 2003 è stato portato alla luce un complesso abitativo al di sotto di Palazzo Carmagnola, in un’area che anticamente era in prossimità delle mura.

L’abitazione, orientata secondo il tracciato del cardo massimo (nord-est/sud-ovest), venne costruita in età augustea ed era dotata di almeno cinque ambienti con pavimentazioni e pareti decorate: di un vano si sono conservate le tracce del pavimento realizzato creando uno strato di calce e scaglie di pietra bianche, lisciato e abbellito da tessere nere disposte a formare un disegno geometrico. Successivi interventi e diverse modifiche indicano che la casa venne utilizzata fino all’età tardoantica. Dalle vetrate nel cortile di Palazzo Carmagnola sono visibili i vani musealizzati nei sotterranei. Si può osservare la presenza di un ambiente più grande, riferibile al I secolo d.C., con il pavimento in tessere bianche e nere. Ad esso si affianca un secondo vano, verso sud, riscaldato a ipocausto, di cui si conservano ancora le pilae.

Ad esso era collegato il praefurnium, tramite un archetto, poi crollato, che lasciava spazio al condotto per l’aria calda: si possono osservare le tracce nere della combustione. Il riscaldamento si estendeva anche alle pareti dell’ambiente tramite tubuli. Nel secondo vano si trova una canaletta di scarico relativa all’ipocausto, realizzata con frammenti di mattoni sesquipedali.

Sito accessibile su richiesta

L’attuale corso Magenta ricalca il tracciato viario romano che da porta Vercellina proseguiva verso ovest, in direzione di Magenta e Vercelli. Su di esso si affacciavano ricche domus, come quella in parte ancora oggi visibile all’interno del Civico Museo Archeologico.

Sono stati riconosciuti tre diversi momenti di realizzazione, a partire dalla metà del I secolo d.C.: gli ambienti della domus più antica erano di dimensioni ridotte, con lati lunghi tra i 2 e i 4 metri. Poco è rimasto della decorazione pavimentale del vano settentrionale, costituita da uno strato di malta lisciata rosa (colore dovuto all’abbondanza di elementi fittili nella matrice di malta).

Sono stati ritrovati inoltre alcuni frammenti di pittura policroma con tracce di disegni geometrici e vegetali che, insieme ai reperti ceramici, inquadrano l’uso di tali ambienti ad età flavia. Alla fine del I secolo d.C. l’abitazione fu profondamente ristrutturata. L’ambiente musealizzato nei giardini del Museo si distingue per le maggiori dimensioni (di almeno 4 x 5 metri) e per la decorazione del pavimento bianco, ottenuto con l’uso di scaglie di calcare bianco mescolate a calce e abbellito da un reticolo di tessere nere. Oltre al pavimento, al momento dello scavo venne trovata ancora in situ la decorazione parietale, uno dei rarissimi esempi per Milano. L’ultimo periodo di vita dell’abitazione è noto attraverso i resti di due ambienti risalenti agli inizi del III secolo d.C. Resti dei pavimenti e delle decorazioni parietali sono stati recuperati negli strati di distruzione: si tratta di frammenti di cementizio rosso decorato da crocette bicrome (bianche e nere) e da lacerti di intonaci colorati, lastrine marmoree e stucchi dipinti.

Sito accessibile al pubblico

Indirizzo

 La domus è visitabile nel cortile del Civico Museo Archeologico in corso Magenta 15.

Orari

Per conoscere gli orari di visita del Civico Museo Archeologico clicca qui.

Nell’area di via Morigi sono stati rintracciati muri e pavimenti di case di età romana: facevano parte di un quartiere abitativo di alto livello, poi sostituito dal palazzo imperiale. Uno degli ambienti ritrovati era riscaldato col sistema ad ipocausto, con pilae di sostegno (via Morigi 13). Un altro vano, ritrovato in via Morigi 2A nel 1949 e nel 1954, conserva un raffinato pavimento costituito da uno strato di calce e scaglie di pietra pressati (cementizio), decorato in superficie da inserti di pietre colorate, inquadrati lungo i bordi da una cornice a tessere bianche e nere. Nell’allestimento del mosaico è stata ricomposta anche la preparazione, in cui si riconosce il vespaio con ciottoli di fiume. Il vano e la domus a cui apparteneva erano orientati secondo l’andamento di una strada secondaria di età romana. L’edificio può essere datato al I secolo a.C-inizio I secolo d.C.

Sito visibile

Indirizzo e orari

 Il pavimento, collocato nell’atrio dell’immobile in via Morigi 2A, è sempre visibile dalla strada.

Negli anni Settanta in via Olmetto-vicolo San Fermo furono portati in luce alcuni ambienti di una ricca domus, decorati da pavimentazioni, alcune delle quali sono oggi musealizzate in un vano sotterraneo accessibile da via Amedei 4, sotto Palazzo Majnoni d’Intignano. È stata riconosciuta una casa risalente alla fine del I secolo a.C. o agli inizi di quello successivo, con vani decorati da mosaici in bianco e nero, di cui due frammenti sono esposti nel vano sotterraneo: uno di essi ha un prezioso bordo che rappresenta le mura e le torri di una città. Nello stesso quartiere sono stati messi in evidenza diversi ambienti riferibili a questo periodo e che potrebbero appartenere ad un unico edificio o ad un’unica insula (quartiere di case).

Per circa tre secoli gli ambienti furono mantenuti in uso, fino a quando nel IV secolo d.C. venne costruita una nuova e grande domus. Di un ampio ambiente (24 x 6 metri), si conserva parte di un mosaico, ricollocato nel sotterraneo moderno rispettando l’orientamento originale. Il mosaico costituisce uno dei rari esempi di soggetto figurato ritrovato a Milano. La decorazione musiva permette di comprendere come fosse distribuito internamente lo spazio, suddiviso in tre settori o pannelli. Il primo mostra due cervi affrontati in un paesaggio spoglio, segnato da radi ciuffi d’erba: decorava probabilmente la zona d’ingresso, destinata ad accogliere gli ospiti. Il secondo settore presenta una decorazione geometrica interrotta al centro da una scena con amorini alati raffigurati mentre pescano in un mare pieno di pesci: era la zona principale, destinata probabilmente alla mensa. Dell’ultimo pannello rimangono pochi frammenti di mosaico geometrico bianco e nero; situato in prossimità del muro di fondo del vano, si può forse interpretare come spazio per le klinai e per i mobili.

Nel sotterraneo sono presenti inoltre tre frammenti di mosaici da rinvenimenti effettuati in altri punti del quartiere. Il lacerto proveniente da via Amedei 8 è realizzato interamente a tessere bianche disposte a filari rettilinei. Due mosaici da piazza Borromeo appartengono a due strutture differenti: il primo a tessere bianche e nere abbelliva il vano di una domus di I secolo d.C., obliterata tra fine III e inizio IV secolo d.C. dal palazzo imperiale. A quest’ultimo è invece da riferire il secondo mosaico a motivo geometrico policromo, musealizzato su una delle pareti del sotterraneo.

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Nella prima metà del I secolo d.C. non lontana cinta muraria venne edificata una domus i cui resti sono musealizzati sotto Piazza Duomo in prossimità dell’ingresso sotterraneo del Museo del Novecento. In base a quanto portato in luce durante gli scavi del 2008-09, gli ambienti erano disposti attorno ad un cortile con vasca interrata, rivestita da malta idraulica per renderla impermeabile. Un particolare accorgimento è da notare nella tecnica delle fondazioni dotate di un nucleo (composto da frammenti di mattoni e ciottoli legati da malta) e di un paramento a corsi regolari di ciottoli, alternati a rare file di laterizi. L’alzato era invece interamente in mattoni. La casa subì diversi rifacimenti tra II e III secolo d.C., dei quali sono testimonianza nuove murature, pavimentazioni e resti di intonaci. In età tetrarchica venne tamponata una soglia che metteva in comunicazione due vani: la tamponatura presenta una tecnica tipica a partire da questo periodo, con filari di laterizi disposti normalmente di costa, alternati a filari a spina di pesce. Si venne così a creare un ambiente isolato, riscaldato col sistema di suspensurae a “T” (cioè con pilastrini circolari e quadrangolari), ben conservato in situ. Della decorazione del pavimento soprastante rimangono alcune impronte nella malta di allettamento: si tratta di una composizione geometrica in opus sectile con quadrati alternati a rombi. Alle pareti si sviluppava invece una pittura con zoccolo a imitazione del marmo giallo, chiamato appunto “giallo antico”.

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Suggerimenti Bibliografici

Videoclip

La decorazione parietale delle domus

Lacerto di affresco da un edificio suburbano in piazza San Nazaro (I secolo d.C.).

 

Leggi l’approfondimento dedicato agli affreschi delle dimore signorili di Mediolanum

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