Tra gli spettacoli pubblici più amati dai Romani erano i combattimenti gladiatori, duelli quasi sempre all’ultimo sangue tra schiavi o prigionieri di guerra addestrati e specializzati in diversi tipi di lotta. Sede di questi intrattenimenti era l’anfiteatro, edificio tipico delle città imperiali dotato di un’arena centrale ellittica circondata dalla cavea, le gradinate per gli spettatori. Accanto ai combattimenti fra uomini venivano organizzate lotte tra animali, simulazioni di battute di caccia (venationes) e naumachie, battaglie navali, che si svolgevano in modo spettacolare nell’arena, allagata artificialmente. I cittadini raggiungevano nel tifo e nella partecipazione forme di vero fanatismo che portavano spesso a gravi disordini: anche per questo motivo gli anfiteatri sorgevano quasi sempre all’esterno o al limite dei centri urbani.
L’anfiteatro di Mediolanum venne costruito al di fuori della cortina muraria, non lontano dall’antica porta Ticinensis, nei pressi dell’attuale via Arena, toponimo che ne conserva ancora oggi la memoria. Come per altre parti della città le fonti antiche si rivelano povere di informazioni, citando solo occasionalmente o indirettamente il monumento: ad esempio Paolino, biografo di Sant’Ambrogio, narra dell’esposizione alle fiere di un certo Cresconio, in occasione del consolato dell’imperatore Onorio (396 d.C.). Gli scavi archeologici invece forniscono numerose informazioni su questo edificio davvero imponente. Arrivando ad ospitare fino a 20.000 spettatori, esso era uno dei più grandi nell’Italia settentrionale (poco più grande ad esempio dell’arena di Verona). Con le sue dimensioni (155 x125 metri per gli assi e 41×75 metri per l’arena), quasi il doppio rispetto a quelle del teatro, l’anfiteatro milanese doveva dominare il suburbio sudoccidentale e il profilo dell’abitato. Per quanto concerne l’articolazione in elevato, era provvisto di una facciata a tre ordini architettonici con un attico di coronamento, per un’altezza complessiva di più di 38 metri. Le arcate del fronte esterno erano inquadrate da architetture applicate, con una successione dal basso verso l’alto degli ordini dorico, ionico e corinzio, soluzione che ricorda quella quasi contemporanea dell’anfiteatro flavio (Colosseo). Infine l’elevato presentava mensole forate sorreggenti i pali del velario, l’enorme tendone che proteggeva gli spettatori dal sole.
Grazie alle indagini archeologiche più recenti, condotte nell’area di via Conca del Naviglio, si sono documentate le prime fasi di cantiere relative alla costruzione dell’edificio: è così possibile delineare l’iter progettuale messo in opera dai costruttori, a partire dalla scelta dell’area extraurbana sulla quale sarebbe stato innalzato l’anfiteatro. Durante il I secolo d.C., infatti, questa zona del suburbio fu interessata da un lavoro sistematico di livellamento condotto su larga scala. Poco più a sud dell’area di cantiere, venne organizzata la metodica opera di sbancamento atta a procurare un fronte rettilineo di cava a cielo aperto di ciottoli, ghiaie e sabbia ottenuta per setacciatura. Il materiale così ricavato veniva poi trasportato nell’area a bordo scavo per la preparazione delle malte di calce e le gettate delle fondazioni.
L’opera, avviata forse già nella prima metà del I secolo d.C., fu conclusa nella seconda metà. Nel corso del V secolo d.C. il monumento venne spogliato dei materiali edilizi dell’anello esterno, reimpiegati per nuove costruzioni, come la platea di fondazione della basilica di San Lorenzo, o per rinforzare alcuni tratti della cinta muraria urbana.